martedì,6 Maggio,2025
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Bitto, la Valtellina nel piatto

Bitto, ottimo formaggio d’alpeggio grasso e a pasta semidura, viene prodotto sulle alpi Orobie. Le sue origini sono lontanissime, furono infatti i Celti a trovare il modo di produrre formaggi a lunga conservazione. Oggi ne esistono due varianti: il Bitto DOP e lo Storico Ribelle.

Tutto nacque per una modifica alla disciplinare tradizionale che non venne accettata da alcuni produttori. Tra il ’95 e ’96 il Formaggio Grasso della Valtellina prese il nome di Bitto guadagnandosi la denominazione di origine protetta (DOP). La modifica permise di produrre più formaggio a prezzi contenuti.

I produttori della Valgerola, contrari a questa iniziativa, andarono avanti per la loro strada producendo il Bitto secondo il metodo tradizionale e dando vita al Bitto Storico che presto divenne presidio Slow Food. Il marchio Bitto venne rivendicato dal Bitto DOP. Si rese quindi necessario registrare un nuovo marchio per distinguere e commercializzare i due formaggi senza intralci. Fu così che quello prodotto con metodo tradizionale venne chiamato Storico Ribelle.

Il Bitto si presta benissimo per fare gli sciatt ma è delizioso anche declinato nella ricetta che vi riportiamo di seguito:

Risotto spumante, cipolla e bitto (per 4 persone)

50 gr di formaggio Bitto
160 gr di riso carnaroli
Una noce di burro
1 cipolla rossa
1 carota
1 gambo di sedano
Un bicchiere di spumante
1 litro di acqua
Grana grattugiato
Sale
Pepe

Per prima cosa preparate il brodo mettendo nell’acqua la carota, il sedano e mezza cipolla precedentemente pulite. Ponete sul fuoco e portate a bollore. In una casseruola ponete la cipolla affettata e fatela stufare insieme al burro. Quando diventa trasparente aggiungete il riso e fatelo tostare per bene, mescolando. Sfumate con lo spumante e fate evaporare tutto il liquido.

Portate a cottura aggiungendo il brodo mano a mano che si assorbe. Una volta pronto spegnete il fuoco e aggiungete il bitto precedentemente grattugiato con una grattugia a fori larghi insieme al grana. Mantecate e, dopo aver impiattato, aggiungete un po’ di pepe.

Risotto spumante, cipolle e bitto pronto! Buon appetito!

bitto
bitto

 

Un solo viaggio nel tempo: quale?

Nel corso di questi anni ho avuto modo di scrivere di tanti momenti storici della nostra città: con i podcast sono addirittura partito da quando qui avremmo trovato il mare per poi, poco alla volta, passare in rassegna tutti i principali cambiamenti.

Non so voi, ma spesso mi trovo ad immaginare la nostra città ai tempi di Ausonio, piuttosto che l’arrivo in città di Francesco Sforza, piuttosto che di Napoleone o Garibaldi. Poi arrivo più vicino ai giorni nostri e penso a Milano durante la seconda guerra mondiale o nel periodo del boom economico.

Certo a volte penso anche a quando i Beatles arrivarono al Vigorelli e a quelli che in tanti mi hanno descritto come i magnifici anni ’60 (del 1900 ovviamente). Il resto poi… quello l’ho vissuto.

Ho avuto modo di scrivere qualche tempo fa di quello che per me è una vera macchina del tempo, ovvero il Museo di Milano: qui, grazie alla ricca collezione di quadri, è possibile fare un viaggio nel corso della storia di qualche secolo della nostra città.

Ma se ci fosse davvero la macchina del tempo, dove andrei? Se mi fosse data la possibilità di fare un solo viaggio (con ritorno incluso ovviamente) quale data metterei sul cruscotto della DeLorean? (per quei pochi che non lo sapessero è il nome dell’auto di Ritorno al Futuro).

Faccio davvero fatica a scegliere, o per lo meno mi pongo talmente tante domande che vado quasi in confusione. Andrei finalmente a conoscere quello che ormai chiamo zio Ausonio ai tempi di Mediolanum capitale? O mi piacerebbe stringere la mano ad Ambrogio, dicendogli che diventerà il nostro Patrono?

Oppure più indietro, per vedere con i miei occhi se davvero Belloveso ha trovato la scrofa semilanuta? Poi rifletto un attimo e penso che forse sarebbe giusto, vista la mia quasi ossessione, andare al tempo dei Visconti, incontrare Azzone dirgli che nei secoli futuri aggiungeranno una c davanti al suo nome, ma ringraziarlo per avermi dato modo di vedere San Gottardo in Corte. E come non pensare di passare a Milano quando Leonardo è al lavoro sul Cenacolo e fare lo sbruffone buttandogli là qualche idea di nuovi progetti da creare?

Un solo viaggio nel tempo: quale?

Certo, poi mi dico che forse dovrei usare questo viaggio per qualcosa di più utile: salvare qualcuno durante i bombardamenti della seconda guerra mondiale per esempio. Oppure un po’ prima, andare da Mussolini e dirgli di togliersi dalla testa le leggi razziali e lasciar perdere Hitler e la sua guerra.

Confesso che sarei curioso anche di passare ai tempi della peste, non per provarla ovviamente, ma per capire bene cosa hanno fatto, come si sono comportati e magari dir loro che non ci sono gli untori (anticipando il buon Settala).

Poi penso che forse sarebbe bello vedere i miei nonni quando erano bambini, giocare con loro a parti invertite almeno una volta.

Arrivo quindi sfiancato da tutti questi pensieri e decido: non ci salgo sulla macchina del tempo. Quel viaggio non lo faccio. Probabilmente una volta tornato avrei solo rimpianti per aver scelto “quello sbagliato”. E peggio ancora potrei tornare dopo aver scoperto che Azzone è antipatico, Leonardo non mi ha ascoltato, Mussolini neppure, Belloveso non è mai esistito ed Ambrogio mi ha picchiato. E poi, come nel film, probabilmente non potrei dire e fare nulla per non creare poi casino nello spazio-tempo…

Lascio perdere, la DeLorean per me può stare parcheggiata al suo posto. Il passato è passato, bello o brutto che sia. Guardo avanti. Questa macchina va anche nel futuro….?

To be continued….

un solo viaggio nel tempo
un solo viaggio nel tempo

Villa Pliniana, se quei muri potessero parlare

Villa Pliniana, Torno, Lago di Como. Qui si trova la residenza del fu Giovanni Anguissola che ospitò illustri personaggi e si tinse di tinte forti quando vi giunsero il conte Emilio Barbiano di Belgiojoso e la principessa Anne-Marie Berthier travolti da una travolgente e incontenibile passione d’amore. Ma andiamo con ordine.

Villa Pliniana prende il nome da Plinio il Giovane che, in una lettera indirizzata all’amico Licio Licinio Sura, parla di una fonte carsica a intermittenza situata nel luogo dove oggi sorge la villa. Successivamente Leonardo da Vinci parlò della stessa fonte nel Codice Atlantico e nel Codice Leicester.

In epoca medievale qui si trovavano dei mulini e degli impianti per la lavorazione della lana. L’edificazione della villa avvenne nel 1573 per volere del conte Giovanni Anguissola, governatore di Como. Dopo aver ordito la congiura contro il duca di Parma e Piacenza e avendo causato la sua morte pugnalandolo, pensò che sarebbe stato meglio ritirarsi in una villa-fortezza fuori città.

I lavori vennero affidati all’architetto Giovanni Antonio Piotti e finirono nel 1577. Il conte ne potette godere per poco tempo, infatti l’anno successivo morì. Villa Pliniana venne così venduta, nel 1590, a Pirro I Visconti Borromeo che la trasformò in una sontuosa residenza e, nel 1676, alla famiglia comense dei Canarisi che ne rimase proprietaria fino all’inizio del XIX secolo.

Villa Pliniana, se quei muri potessero parlare

Nel 1840 la proprietà venne acquistata dal principe Emilio Barbiano di Belgiojoso d’Este. Villa Pliniana diventò a tutti gli effetti un’alcova della perdizione. Il Principe, sposato da una paio d’anni con la marchesa Cristina Trivulzio, perse letteralmente la testa per la principessa Anne-Marie Berthier, sposata anch’essa col duca di Plaisance, lasciando la marchesa nel suo castello di Locate di Triulzi.

Otto anni passarono chiusi fra quelle mura in un quasi totale isolamento dove si dedicarono unicamente al lascivo piacere. Di loro si narra che tutte le notti, al ritoccare della mezzanotte, si gettassero insieme dalla loggia nel lago avvolti nudi in un lenzuolo per placare la febbre d’amore che li divorava. Chi li scorgeva dall’altra sponda pensò di vedere una presenza eterea e da allora si è diffusa la credenza che nella Villa Pliniana si aggiri un fantasma. Forse quello dell’Anguissola, forse quello del Duca di Parma e Piacenza o forse di chissà chi …

La villa ospitò diversi personaggi illustri tra cui monarchi come Napoleone, Giuseppe II e la regina Margherita di Savoia, scienziati come Alessandro Volta e Lazzaro Spallanzani, musicisti come Franz Liszt, Gioachino Rossini e Giacomo Puccini, scrittori e poeti come Stendhal, Ugo Foscolo, Berchet, Alessandro Manzoni, Antonio Fogazzaro, Shelley e George Byron.

Villa Pliniana, dopo un periodo di abbandono e decadenza, è lentamente tornata allo splendore di un tempo.Il merito è della famiglia Ottolenghi che, dopo averla acquistata si è fatta carico di diversi interventi di restauro protrattisi per circa trent’anni. Oggi la villa è diventata un lussuosissimo hotel a cinque stelle.

Villa Pliniana

 

Ciclopolitana Segrate: ecco di cosa si tratta

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Prosegue senza sosta lo sviluppo di tutto quello che ha a che fare le biciclette a Milano e non solo. Questa volta tocca a Segrate promuovere una nuova iniziativa.

L’idea arriva dal nord Europa: si tracciano percorsi in giro per il Comune che hanno un sistema di segnaletica simile a quello che vediamo in metropolitana, ovvero fermate e direzioni, da una parte e dall’altra; i quartieri saranno collegati ad una linea in modo da rendere più facile gli spostamenti da una parte all’altra.

La linea verde per esempio collega i parchi Alhambra, Centroparco ed Europa, la viola porterà dal San Raffaele a Lavanderie con passaggio per Milano 2, quella azzurra sarà San Felice, Novegro, Idroscalo e Linate e quella gialla porterà dalla Vecchia Olgia al passante ferroviario. 

Una iniziativa che vuole non solo coinvolgere i residenti e spingerli ad usare le due ruote, ma si propone anche come un nuovo modo di raggiungere i turisti amanti dei giri a due ruote

Ciclopolitana Segrate
Ciclopolitana Segrate

Sant’Aquilino torna visitabile, una bellissima notizia

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Due anni di lavori, di restauri attenti e precisi per far tornare davanti agli occhi di noi milanesi e non solo, la bellezza della cappella di Sant’Aquilino presso San Lorenzo.

Siamo in uno dei punti più importanti della nostra città, dal punto di vista storico, artistico ed anche turistico: qui dalle Colonne in poi, quello che si può ammirare ed apprendere ci porta in un viaggio meraviglioso a spasso nel tempo.

I lavori di restauro hanno consolidato e ripulito un luogo che per quanto mutato nel corso dei secoli era considerata una delle chiese più belle del mondo. E non c’è da stupirsi che così tanti architetti hanno preso ispirazione proprio da qui per realizzare chiese e basiliche in mezza Europa.

I mosaici che si possono ammirare anche con un nuovo sistema di illuminazione, naturale ed artificiale, ritraggono Ambrogio, il nostro patrono, in occasione della morte di Teodosio: eravamo nel 395.

Sant'Aquilino torna visitabile
Sant’Aquilino torna visitabile

 

 

Un ultimo sguardo commosso all’arredamento. E chi s’è visto, s’è visto

Chi conosce e ha studiato la storia di Milano, avrà avuto occasione di riflettere sul fatto che quello che stiamo vivendo oggi, è già successo. Certo, gli addendi sono diversi, ma la somma è sempre la stessa.

Nel corso della sua storia millenaria, la nostra città non solo è riuscita a rialzarsi anche quando le premesse erano tutte a sfavore, ma è stata in grado in tante occasioni di cambiare pelle, ad adattarsi allo scenario che le si prospettava davanti. I milanesi, ovvero coloro che vivevano a Milano, in questo sono sempre stati dei grandi.

Perchè dico questo? Perchè quello che stiamo vivendo da qualche tempo a questa parte, mi porta ad alcune considerazioni e le tante notizie che si leggono non fanno altro che confermare questa sensazione, diventata per me ora una certezza.

Milano come l’abbiamo lasciata a febbraio non esiste più. Non è più la stessa città. Noi che qui viviamo non siamo più gli stessi. Un fenomeno passeggero? Avrei detto forse fino ad agosto. Oggi sono convinto di no. Milano è un’altra cosa. O per meglio dire sta per diventare un’altra città e noi dobbiamo stare al passo. Ancora una volta.

So che per chi gira in città può sembrare strano quello che ho appena scritto: in fin dei conti cosa c’è di diverso? I lavori che si erano interrotti sono ripresi, il cantiere della M4 è a buon punto, ogni giorno si legge che il nuovo grattacielo pinco pallo sta per essere terminato e nuovi cantieri sono partiti.

Insomma l’immagine di una città sempre in movimento è da questo punto di vista sempre la stessa. Poi però si abbassa lo sguardo e dall’alto dei palazzi la vista va sulle saracinesche abbassate, cartelli affittasi che spuntano un po’ ovunque. E la gente in giro è visibilmente meno. Certo, mancano i turisti…

Ma non solo loro gli unici a mancare all’appello: ci sono i vuoti lasciati da coloro che lavorano da casa e che quindi non prendono i mezzi, non mangiano fuori a pranzo, non prendono il gelato e al nuovo abito o tailleur hanno preferito la tuta per essere più comodi.

Ciò si traduce in un cambio evidente di tanti aspetti: economici certamente, ma anche sociali. E la città risente profondamente di tutto questo: il centro è cambiato non solo dal punto di vista visivo ma sta per cambiare anche dal punto di vista dell’utilizzo che ne faremo.

Se, come immagino, saranno tante le aziende che si renderanno conto che lo smart working non è una soluzione solo emergenziale, ma una modalità che porta un vantaggio dal punto di vista dei costi e, almeno è quel che si dice, anche della resa, per quale motivo dovrebbero tornare ad aprire gli uffici?

Sia ben chiaro: quanto ho fin qui scritto non è che una mia riflessione e soprattutto non è uno sguardo pessimista al futuro. Non dico anzi, ma vorrei. Perchè come da premessa ho la certezza che Milano, saprà trovare la giusta direzione ancora una volta. Esattamente come in passato, saprà trovare un nuovo senso di marcia che le permetterà di recuperare il gap ed essere nuovamente protagonista. Con un vestito diverso certamente, forse non più bello, certamente non più brutto. Sicuramente differente.

La vera domanda è quando. Questa è la grossa differenza rispetto a quando si legge sui libri di storia: il cambiamento, quello che Milano ha fatto più volte, lo si riassume in qualche decina di pagina e quelli che sono stati decenni di transizione, li leggiamo in un batter di ciglia.

Ecco, adesso siamo noi qui a fare quello che in futuro verrà letto in qualche pagina. Sta a noi far sì che nella vita reale, quella che vedete fuori dalla finestra di casa, queste pagine si traducano in mesi. Perchè “qualche anno” per i lettori del futuro saranno parte dello stesso capitolo, per molti di noi quel capitolo è tutta una vita.

Un ultimo sguardo commosso all’arredamento

E chi s’è visto, s’è visto

(Svincolarsi dalle convinzioni)

(Dalle pose e dalle posizioni)