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Porta Ticinese Medioevale, quella amata dai milanesi

Porta Ticinese Medioevale, facciamo un poco di chiarezza con questo nome: nel pieno della movida milanese, proprio a ridosso delle famose Colonne di San Lorenzo ecco che troviamo una porta.

Con questo nome a Milano ci sono tre porte: la più antica, al Carrobbio, di epoca romana, quella medioevale, subito dopo le colonne di san Lorenzo e quella più recente, in piazza XXIV Maggio. La sequenza di queste tre porte ci dà anche l’idea di quanto la città sia cresciuta in questo arco temporale: ogni porta infatti delimitava l’ingresso in città.

Porta Ticinese Medioevale: ecco dove si trova

Siamo sul medesimo asse viario romano che da Mediolanum portava a Ticinum, ovvero Pavia: qui troviamo l’arco e le torri di Porta Ticinese. Parliamo della versione medioevale dunque, che ha origine in epoca comunale.

E’ una delle sei porte principali della città che dà il nome anche al sestiere corrispondente. Ristrutturata da Azzone Visconti nel ‘300 viene rimaneggiata pesantemente nel 1861 su progetto di Camillo Boito che apre altri due varchi laterali proprio nelle torri.

La versione originale poteva contare però solo sull’arco centrale, il che gli vale il soprannome famosissimo per i milanesi. Porta Cicca, dallo spagnolo chica, ossia porta piccola riferito proprio all’unico arco di cui era dotata, a differenza delle altre cinque che potevano contare su due aperture e agevolare meglio il traffico.

porta ticinese medioevale
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Porta Ticinese Medioevale, l’unica e sola Cicca

Ecco quindi l’originale Porta Cicca, la porta piccola. Ci permettiamo di insistere su questo argomento perchè in tante, troppo a dire il vero, occasioni la confusione regna sovrana. NON è quindi la porta che trovate in piazza XXIV Maggio quella ad avere quest soprannome tanto caro ai milanesi, ma quella qui sopra descritta.

E’ vero, come ci sottolinea qualcuno che ormai l’usanza popolare vuole che sia la porta pià recente e la zona circostante, ad essere soprannominata così, ma la storia è storia, non la inventiamo noi. E correggere l’errore è una delle tante nostre “missioni“.



In diretta dal Naviglio Pavese

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L’ultimo dei navigli milanesi in ordine di tempo ed il più disperato. In principio è un canale irriguo, scavato nel 1359 probabilmente per alimentare la campagna a sud di Milano portando acqua all’erigenda Certosa di Pavia ed al fossato di Pavia stessa. E’ Francesco Sforza a pretendere nel 1457 in concomitanza con i lavori del naviglio Martesana,  la costruzione di un canale navigabile che collegasse Milano alla città pavese, ma si dovrà aspettare ancora molto tempo. Un nuovo progetto è studiato nel 1579 da Giuseppe Meda senza che si muova un briciolo di terra per oltre 20 anni. Lo stesso Meda non farà in tempo a vedere l’inizio dei cantieri nel 1601. Si comincia con il ponte che ne segna l’accesso dalla darsena milanese, subito chiamato Ponte del Trofeo per il monumento che il governatore Fuentes vuole costruire per celebrare finalmente la nascita del Naviglio Pavese, peccato che i lavori si bloccano dopo pochi chilometri, complici i costi esorbitanti e la riluttanza dei pavesi verso questo progetto che viene completamente abbandonato, lasciando alla città un canale che finisce nel nulla. Ancora oggi, nel nome Conca Fallata si ricorda questa scelleratezza economica del governo spagnolo. Ne riparleranno gli austriaci giusto il tempo di rinunciarci per gli alti costi, e dunque il momento del naviglio pavese deve attendere la volontà perentoria di Napoleone che finalmente apre il cantiere nel 1813. Anche lui non ne vede la realizzazione, poco male perchè il canale è comunque inaugurato il 16 agosto del 1819 dall’Arciduca Ranieri. Milano ha finalmente il suo collegamento con il mare. Lungo 33 km, resta navigabile fino al 1965. Oggi svolge una fondamentale funzione irrigua, oltre ad ospitare la movida cittadina proprio in prossimità delle sue conche perfettamente restaurate e funzionanti.

In diretta dal Naviglio Grande

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Qui c’è più storia di quanta se ne possa immaginare. Cominciamo con il dire che è il primo canale artificiale navigabile dell’Europa moderna ed anche il più grande. Nasce come canale difensivo nel lontano 1177 e subito sfruttato per irrigare i campi e reso navigabile cent’anni più tardi, nel 1272, una poderosa ed efficientissima via d’acqua che rifornisce la città di ogni bene necessario. Dal 1387 sul naviglio grande viaggiano i marmi diretti al cantiere del Duomo sotto la supervisione della Veneranda Fabbrica; il trasporto è esentasse, in cambio la Veneranda si fa carico della manutenzione dell’intera rete.  Il Naviglio viene connesso al fossato della città solo nel 1437 con l’invenzione della conca di navigazione, anch’essa donata alla Veneranda Fabbrica e che oggi noi conosciamo con il nome di Conca di Viarenna. Oggi prende vita dal Ticino nel comune di Lonate Pozzolo ed arriva a Milano dopo aver percorso 49,9 km, un percorso bellissimo tra le campagne e le ville di delizia della nobiltà lombarda che nei secoli hanno scelto proprio i paesaggi di questo naviglio per le loro lussuose dimore estive. Lento era il passaggio dei barconi che per secoli hanno alimentato la città navigando a velocità di corrente o trainati dai cavalli. L’ultimo barcone se ne va nel 1979, segnando la fine di una storia durata 700 anni., ma lasciando il fascino di una zona di Milano rimasta intatta nella sua poesia. Tra mercatini, ristoranti ed una passeggiata in vicolo lavandai si gusta al meglio uno dei quartieri più belli della città.

Cascina Molinazzo, quel che resta tra i palazzi

Cascina Molinazzo: oggi vi portiamo in zona ovest, poco distanti da via Rembrandt.

Qui troviamo quel che resta della cascina Molinazzo. Come potete vedere dalla fotografia qui sotto, fino a 50 anni fa lo spazio che occupava era di gran lunga più grande. Con i cambiamenti del dopo guerra, tutta la zona si è trasformata completamente ed oggi quel che rimane di quella cascina è la chiesa (sconsacrata), oggi adibita ad uso privato.

Cascina Molinazzo, quel che resta tra i palazzi

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“La chiesetta spiccava sullo smeraldo dei prati ed aveva intorno a sé un vasto sagrato e, di fianco, una sfilata di cascine con le scale d’accesso esternamente appoggiate alla facciata e una piccola vigna. Un bel loggiato a colonne trabeato occhieggiava su di un giardino. Tracce di decorazioni si rilevavano ancora lungo la scala che conduceva al piano superiore dell’edificio centrale. ” Raffaele Bagnoli

Oratorio di San Protaso, in mezzo a via Lorenteggio

Oratorio di San Protaso, oggi gita fuori porta. Beh, lo era sul serio 50 anni fa, quando ci saremmo trovati effettivamente in mezzo alla campagna, qui, dove oggi c’è via Lorenteggio.

Quartiere nato popolare anzi, popolarissimo, viene completato negli anni ’60, facendo tabula rasa delle preesistenze rurali. Doveva sparire proprio tutto, ma i residenti si indignano, difendendo strenuamente una piccola costruzione. Inglobata un po’ tristemente nello spartitraffico, piccola, modesta semplicissima, attira l’attenzione giusto per un “Ma questa? Che ci fa li in mezzo?”.

Eppure è uno dei tanti tesori che Milano nasconde e custodisce con gelosia. Probabilmente, tornassimo in epoca romana, già vedremmo un tempietto a cui nei secoli successivi venne sovrapposto il culto cristiano. Le origini sono approssimative, più o meno intorno all’anno 1000 e sono legate ai benedettini di San Vittore al Corpo, che dedicano questo nuovo oratorio a San Protaso, 8° vescovo di Milano e martire.

Oratorio di San Protaso, in mezzo a via Lorenteggio

La microscopica struttura è concepita al servizio dei contadini di Laurentiglio, piccola oasi umana nella campagna senza fine, ma verrà utile anche a qualcuno di molto importante nella storia milanese, purtroppo. Immaginiamoci qui nel 1162.

Da una parte vediamo agitarsi i nostri antichi concittadini, dall’altra fissiamo l’impressionante schieramento tedesco, alla cui testa il fiero e sicuro di sé Federico I di Svevia, il Barbarossa. Federico ha in animo la distruzione della città, ma i milanesi qui si battono fieri, resistono bene, tanto da far vacillare per un attimo quella sicurezza ostentata.

La rabbia monta, suggerendogli la distruzione del nostro piccolo spartitraffico, non prima però di averne cercato il conforto: il Barbarossa entra e prega tra gli affreschi dell’antico oratorio, prega per il successo dell’assedio. Purtroppo viene ascoltato.

Milano cade ma l’Oratorio di San Protaso viene risparmiato. Due secoli dopo ci abiterà il cappellano di San Cristoforo sul Naviglio, ancora senza canonica; poi verrà usata nel 1500 come cappella da alcune monache, forse domiciliate in un convento adiacente, divenuto cascina ormai perduta.

Arriva ovviamente Napoleone e la sua malsana passione per i magazzini trova sfogo anche qui. Ancora isolatissima nel 1820, ormai sconsacrata, entra nuovamente nel vivo della storia milanese e di nuovo con un Federico.

Ad esser li anche noi, sentiremmo un vociare concitato provenire dall’interno, qualcuno si rivolge ad un conte, poi un via vai tanto furtivo da non esser per niente visibile: a quanto pare c’è un tunnel che arriva qui direttamente dalle mura.

Assistiamo così, dall’esterno, ad una delle riunioni carbonare, presiedute dal conte Federico Confalonieri in quello che ormai è il covo in cui si preparano i moti di quell’anno.

Con la costruzione della nuova parrocchiale nel 1937, l’Oratorio di San Protaso viene abbandonato diventando la chiesa delle lucertole, più competenti d’arte e di storia di certi illuminati del dopo guerra.

Con affreschi che vanno dal 1000 al 1600, è proprio uno di questi a salvarla. Una Madonna, riappare sotto gli strati di calce secolari come appena dipinta, scatenando subito stupore e devozione. Il piano regolatore viene modificato per salvare la chiesetta, tornata nel cuore dei milanesi, per non uscirci più.

In via Lorenteggio. Non male per uno spartitraffico, no?!

Pinacoteca di Brera – scaldiamoci con l’arte

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Quanto è bella la Pinacoteca di Brera? Andiamo spesso all’estero a vedere opere d’arte e non ricordiamo che in Brera possiamo rimanere estasiati dalle meraviglie esposte. Un luogo dove perdersi è una gran fortuna: ammirare i tanti capolavori è un modo perfetto per passare un pomeriggio.

Anche se spesso diciamo che non c’è stagione per andare in pinacoteca o in museo, possiamo ammettere con tranquillità che d’inverno è certamente più gradevole ammirare al chiuso opere d’arte piuttosto che stare qualche ora all’aperto.

Pinacoteca di Brera – scaldiamoci con l’arte

Quindi visto che è arrivata una “leggera brezza invernale” (oggi è il 2 dicembre 2017…così se qualcuno dovesse leggere questo articolo tra qualche mese non penserà che siamo diventati matti!), che ne dite di fare un salto alla Pinacoteca di Brera?

Noi per invogliarvi vi facciamo vedere qualche cosa a suon di Rock!