sabato, Aprile 27, 2024

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Il cantautore Ubertone ci racconta i suoi 5 luoghi di Milano preferiti

Dopo l’anteprima su Sky TG24 è disponibile al pubblico un bellissimo videoclip per Efelidi, singolo con cui Ubertone ha segnato il suo esordio ufficiale nel mondo della musica e che anticipa l’uscita del suo primo album.

Il video, realizzato interamente con la tecnica dello stop motion, è stato firmato da Stefano Bertelli, già noto al pubblico per aver lavorato come regista alle opere di diversi grandi della scena italiana ed internazionale, tra cui Robbie Williams, Frank Sinatra e Caparezza.

Ubertone è nato a Rovigo ma è milanese d’adozione. Per l’occasione gli abbiamo chiesto di indicarci i suoi cinque luoghi preferiti della città.

Ubertone ci racconta i suoi 5 luoghi di Milano preferiti

A Rovigo, dove sono nato e cresciuto, si usa un’espressione dialettale che descrive bene il mio rapporto con Milano: sentirsi “in presto”. E questo “presto” non ha nulla a che vedere con lo sbrigarsi (anzi nel mio caso si potrebbe dire il contrario) ma piuttosto col prestito. E uno si sente in prestito quando sente di essere in una situazione precaria o transitoria, come quella di un oggetto – in questo momento mi viene in mente la proverbiale matita – che sente di non appartenere a chi lo sta utilizzando e che tornerà presto al legittimo proprietario.

Ecco, io a Milano, mi sento in prestito da quindici anni. Chissà se un giorno questo prestito segnerà un passaggio di proprietà per usucapione. In inglese si direbbe “I don’t belong” e anche questa espessione può diventare una condizione esistenziale: non solo sentire di non appartenere a un luogo, ma anche a un gruppo sociale o alla società intera.

L’ho presa un po’ alla larga, me ne rendo conto, ma forse è proprio questo il problema: amo l’indugio. La richiesta di Milano da vedere di raccontare i miei cinque posti preferiti della città però mi ha messo di fronte alla domanda: questa è casa mia? La risposta per il momento è no, ma i luoghi che vi descriverò ora sono quelli a cui mi sono affezionato e che stanno cercando di usucapirmi.

Il primo che vi dico è Piazzale Stazione Genova. Lo so, non è certo Piazza Duomo, nè Piazza Castello, ma è dove vivo. Sento che, a dispetto del suo nome, questa piazzetta è impregnata di una grande milanesità. È una sintesi perfetta di tradizione e modernità: per dirne una, contiene la più antica ferrovia funzionante della città, ma è anche piena di monopattini che si possono attivare con lo smarphone.

E in effetti è sempre attraversata da persone in prestito come me, che sono lì di passaggio e che stanno andando da qualche parte. E per farlo hanno tutte le opzioni del mondo: le bici del bike sharing, la metropolitana, i taxi. Ma il mezzo di trasporto più milanese che c’è ovvimente è il tram, che mi riporta a una Milano che non ho mai vissuto se non nei racconti di Dino Buzzati o nelle canzoni di Gaber e Jannacci. Il labirinto di fili metallici che sovrasta la piazza però mi fa tornare alla mente i versi di un cantautore dei giorni nostri, veneto come me, Dutch Nazari:

Tra i fili dei tram e i fili dei lampioni stasera
Il cielo in città somiglia a una ragnatela

Il secondo luogo che voglio includere nella mia lista è la pista ciclabile del Naviglio Grande. È lì che vado a correre… vorrei dire tutti i giorni, ma mentirei. Diciamo che è lì che vado a correre tutte le volte che vado a correre. Imbocco l’Alzaia davanti al Ride: da casa ci arrivo in due minuti. Passo davanti alla sede dei canottieri e arrivo fino al parco Ex Area Pozzi di Corsico: lì mi giro e torno indietro.

Ubertone navigli
Ubertone navigli

È bello vedere la città trasformarsi gradualmente in periferia e il fatto che il tragitto sia sempre lo stesso mi permette di assistere anche un’altra trasformazione: quella nel tempo. Spesso mi capita di vedere dei graffiti nuovi, come quello dedicato a Roberto Baggio che una sera di qualche mese fa è comparso su un palazzo caricando la mia corsetta di un’inaspettata epicità.

O come l’ultimo, enorme e bellissimo, dedicato alla Divina Commedia (sempre nel Divino rimaniamo). Ma non sono testimone solo di apparizioni: a volte un murale a cui mi ero affezionato sparisce dietro una mano di bianco che spesso, come una sindone di vernice, ne lascia intravedere la forma.

Per proseguire il giochino di abbinare ad ogni luogo una canzone, vi citerò alcuni versi di Strade di città 2000 degli Articolo 31.

Dai fari vengono fuori
Ricordi come ombre
Vedo i rumori
Ascolto i colori
A Milano la sera
Firme sui muri cancellate
Che ora vedo ancora

Il terzo luogo del cuore è la Darsena. Qui i ragazzi si siedono per terra coi cartoni della pizza, si baciano, vanno in skate, suonano la chitarra. E anche io negli ultimi anni ho fatto tutte queste cose, davanti alle papere che si inseguono nell’acqua.

Ubertone Darsena
Ubertone Darsena

Legati a questo luogo conservo anche dei ricordi preziosi, che nel mio elenco qui sopra, ho fatto scivolare con nonchalance tra la pizza e lo skate. Per questo citerò Un romantico a Milano dei Baustelle, sebbene Francesco Bianconi non parli propriamente della Darsena ma della porta che la sovrasta:

Ho la febbre ma ti porto fuori a bere
Non è niente stai tranquilla è solo il cuore
Porta Ticinese piove ma c’è il sole
Quando il dandy muore fuori nasce un fiore

Avrete capito insomma che sono legato a questa zona dei Navigli. Per le ultime due scelte cercherò quindi di spostarmi un po’. Col penultimo luogo, in realtà, non lo faccio di molto. Siamo a una fermata di metropolitana da Porta Genova andando verso sud: Romolo. Qui c’è lo IULM, l’università in cui, dopo la triennale in Lettere a Padova, ho frequentato la specialistica in Televisione, cinema e produzione multimediale.

Qualche anno fa un professore di cui in realtà non sono mai stato allievo, ma che avevo conosciuto grazie a un’antologia di racconti degli studenti, mi ha chiamato a parlare ai ragazzi di canzoni e negli anni successivi questo incontro si è trasformato in un piccolo ciclo di lezioni di songwriting.

Tornare come uno che è passato, diciamo, dall’altra parte della barricata è stata un’esperienza strana ma piacevole che, se va tutto bene, dovrei ripetere a Febbraio. Incontrare questi ragazzi in cui mi sono immediatamente rivisto, ma che di certo mi avranno percepito come un vecchiaccio, mi ha fatto riflettere: pensare che anche qui esista un luogo della memoria così fortemente legato a un periodo preciso della mia vita, è certamente un punticino a favore dello status di casa che Milano sta cercando di guadagnare.

Oddio, a dire il vero, credo che a Milano non gliene freghi niente. Diciamo la mia Milano. In quegli anni dividevo un piccolissimo appartamento, vicino alla facoltà, con un amico scrittore che non vedo da un po’. Poi mi sono spostato in Porta Genova e quel capitolo in qualche modo si è chiuso. Per questo mi viene da citare una frase di Altrove di Morgan, la più nota (e la più bella) tra Le canzoni dell’appartamento:

Un ultimo sguardo commosso all’arredamento
E chi s’è visto s’è visto

L’ultimo luogo è legato a una delle prime volte che sono venuto a Milano: il 12 settempre del 1998, a sedici anni. Milan – Bologna 3 a 0, la prima partita di Serie A che ho visto in vita mia. Anche in questo caso ero assolutamente “in presto”: uno juventino mimetizzato nella curva rossonera.

Ubertone San Siro
Ubertone San Siro

Per fortuna nessuno mi ha chiesto niente. E ricordo di essere rimasto impressionato da due cose di San Siro: la prima è che alla fine il campo non era in realtà molto diverso da quello su cui giocavo io ogni domenica: era ciò che lo circondava che cambiava tutta la faccenda. Ho avuto la sensazione di vedere il campetto del Duomo, la squadra in cui giocavo a Rovigo, con però attorno, ad assistere alla partita, l’intera città di Rovigo.

Solo ora attraverso una breve ricerca in rete ho scoperto che la corrispondenza numerica era quasi perfetta: quella sera allo stadio eravamo 50732 mentre secondo l’Istat, tre mesi dopo, a dicembre del 1998, Rovigo contava 50830 abitanti.

Questo pensiero, nella mia mente, rendeva ancora più incredibile ciò che stavano facendo Weah e soci. L’altra sensazione forte che ancora ricordo è stata la sera diventare giorno nell’istante in cui mi sono affacciato sul terreno di gioco. Non avevo mai visto un’impianto di illuminazione del genere in vita mia. E non lo dico solo per avere gioco facile con l’ultima canzone.

Luci a San Siro
Di quella sera
Che c’è di strano?
Siamo stati tutti là

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