venerdì,7 Novembre,2025
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A Milano lavorare non basta: bisogna raccontarlo

Se sei milanese (o ti senti tale), lo sai bene: qui non è importante solo quanto lavori, ma quanto lo racconti.
Ogni conversazione – dal bar al tram, dall’aperitivo alla chat di gruppo – ha una regola non scritta: ricordare agli altri che tu stai lavorando più di loro.

Frasi tipiche del “lavoro cronico”

Le riconosci subito. Alcuni esempi da manuale:

  • “Guarda, oggi non dovevo neanche uscire, ho una marea di cose da fare…”

  • “In ufficio è un delirio, non so da che parte girarmi.”

  • “Io ferie? Macché, non so nemmeno se arrivo a Natale.”

E il tutto, ovviamente, detto davanti a un Negroni o a un calice di bianco ghiacciato. Perché l’ossessione è quella: lavorare sì, ma raccontarlo ancora di più.

Perché lo facciamo?

Tre ipotesi, tutte valide:

  1. Competizione implicita – A Milano il tempo è moneta, e chi ha l’agenda più piena… ha vinto.

  2. Autocommiserazione di lusso – Piangersi addosso, ma con stile: meglio se davanti a un tagliere di salumi.

  3. Puro riflesso condizionato – Come dire “ciao”: qui si dice “sto lavorando tantissimo”.

Il lato comico della faccenda

Il bello è che, mentre ti raccontiamo quanto siamo oberati, stiamo comunque trovando il tempo di:

  • Scrollare Instagram.

  • Commentare un articolo su Milano.

  • Partecipare a un aperitivo di due ore “perché tanto ci voleva una pausa”.

Ma guai a non specificare: “Guarda che domani non so se ci sono, ho una giornata pienissima”.

E voi?

Diteci la verità: anche voi fate parte della categoria “io lavoro più di tutti”?
O siete tra quelli che sorridono e lasciano correre?
Scrivetelo nei commenti, che poi – ovviamente – risponderemo… appena finiamo di lavorare.

Forse a Milano non siamo ossessionati dal lavoro.
Siamo ossessionati dal dire che stiamo lavorando. Che, a pensarci bene, è un lavoro pure quello.

A tal proposito

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