É uscito a fine anno l’album di debutto del progetto Gamaar, fondato dalla cantautrice e produttrice bresciana Gabriella Diana.
Un nuovo capitolo che prende il nome di “Kafka For President”, un disco arrabbiato: nuotando nell’assurdo, racconta cosa succede alla mente quando galleggia e quando affoga.
Vivendo in una società capitalista, una società della performance, del consumo, dello sfruttamento lavorativo, del trauma, del privilegio e della discriminazione, cosa succede alla nostra salute mentale? Si rompe, si contorce e resiste. Un alternative rock che sa di anni 90: suoni acidi e distorti, batterie energiche e ritmiche scomposte, quasi nevrotiche, con un cantato recitato, urlato, talvolta morbidamente malinconico.
Abbastanza radicati nella scena milanese, abbiamo incontrato i Gamaar per chiederle quali possono essere i suoi luoghi del cuore.
I 5 luoghi di Milano preferiti dai Gamaar
CPM
(Gabriella)
Ho studiato al Centro Professione Musica tre anni (dal 2013 al 2016) frequentando il corso Writing & Production. E’ stato un periodo arricchente e durante il quale sono cresciuta molto a livello artistico e creativo: analisi musicale, composizione di colonne sonore, armonia, tutto ciò mi ha aperto la mente e gli occhi su quanti spazi inesplorati avevo ancora da attraversare nel mio fare musica. Da Brescia prendevo due metro e un treno per arrivarci, ma son sempre stati viaggi fatti volentieri. E’ stato un luogo di Milano importante per me, dove mi sono messa alla prova, mi sono riscoperta e ho conosciuto amici e amiche con cui ancora sono in contatto.
RICORDI
(Ylenia)
La prima volta da “Ricordi” è stato nel 1996/97. Il Duomo era un luogo ancora visitabile senza fare la coda, era proprio come una chiesa: entravi e percepivi il sacro dei colori e delle forme, molto intimo. Tappa fissa nel giro in centro era la “Ricordi”, negozio di musica dove potevi perderti perché ancora Internet non andava così forte. Un paradiso per curiosi e artisti. Dentro il negozio ognuno si perdeva alla ricerca di qualcosa di non ben definito, una ricerca di per sé senza bisogno di una meta. Un labirinto di spartiti, album e copertine: un museo. La parte che più mi catturava erano le colonnine con gli album da ascoltare in cuffia; post pandemia sembra assurdo, ma è uno dei più bei ricordi che ho.
MILANO CENTRALE
(Gabriella)
Scendere dal treno e camminare per la stazione di Milano Centrale mi è sempre piaciuto molto: tantissime facce, modi di camminare, sigarette fumate di corsa, persone “importanti” e persone comuni, ricchi e poveri, calma e velocità, tutto e tutti insieme, contemporaneamente. Questa stazione mi affascina, mi cattura, mi incanta mentre cerco di raggiungere la mia meta a passo svelto. Alzo lo sguardo e osservo la sua architettura, la sua maestosità, e lo sguardo torna giù a noi formichine zampettanti. Passeggiare o correre attraverso la stazione diventa sempre un momento di riflessione e contemplazione durante una corsa quotidiana.
IL VECCHIO APPARTAMENTO DI SARA
(Gabriella)
Una mia compagna di corso al CPM aveva un appartamento se non sbaglio vicino alla fermata di Loreto, e spesso dopo lezione andavamo da lei, ordinavamo una pizza e ognuno/a di noi faceva ascoltare a turno un brano agli altri e lo si commentava tutti insieme, lo si analizzava; a volte si facevano ascoltare anche brani propri. Erano serate che si allungavano fino all’alba quasi sempre, e sono momenti che porto con me ancora oggi: il continuo e arricchente confronto, parlare di musica per ore, di sé e della propria musica, del modo di intendere l’arte, di arrangiamenti e dei nostri sogni. E’ stata la casa delle meraviglie per un breve ma intensissimo periodo.
MILANO DI NOTTE
(Gabriella)
Milano di notte non è un vero e proprio luogo, ma l’ho sempre percepita come tale: ha un sapore totalmente diverso dalla Milano che conosciamo meglio, quella turistica, consumistica e affollata. Vivere Milano durante le ore notturne, tardi, quando si svuota e si mostra più intima e vulnerabile, è ciò che me l’ha fatta, finalmente, apprezzare. Una volta abbiamo incontrato dei norvegesi che ci hanno fatto masticare tabacco, è stato orribile ma divertente: uno di quei classici incontri casuali e particolari che possono avvenire solo in certe circostanze ad un certo orario, magari dopo qualche bicchiere di troppo. Ho sempre trovato suggestivo vagare per le vie deserte, edificate, grigie e illuminate dai freddi lampioni e dalle luci provenienti dalle vetrine dei negozi chiusi, attraversando di corsa con amici stradoni enormi di solito trafficati e caotici.