Sono già passati dieci anni dall’inaugurazione della nuova Darsena. Dieci anni che hanno visto Milano cambiare volto a una velocità impressionante, tra l’entusiasmo di Expo 2015, il silenzio irreale del Covid e la rinascita del post pandemia. In questo decennio, la Darsena è diventata quello che avrebbe sempre dovuto essere: un crocevia vivace di turisti e milanesi, un punto di incontro tra locali, ristoranti, passeggiate sull’acqua e serate di festa, tra il riflesso delle luci e l’acqua tornata – quasi – al suo antico splendore.
Eppure, chi c’era dieci anni fa ricorderà bene il coro di critiche che accompagnò la sua inaugurazione. “Uno schifo”, “inguardabile”, “si stava meglio prima”: commenti che già allora facevano sorridere, e che oggi, a distanza di tempo, fanno ancora più riflettere. Perché a Milano, come altrove, sembra sempre che nulla vada mai bene, che ogni cambiamento sia visto con sospetto, che ogni miglioramento sia accolto con il solito mugugno.
Certo, i gusti sono gusti. Nessuno nega che qualche dettaglio si sarebbe potuto curare meglio, che forse certe scelte estetiche si potevano discutere. Ma davvero vogliamo paragonare quello che c’era prima – un ammasso di arbusti selvatici, rifiuti, incuria – con la Darsena di oggi? Davvero pensiamo che quel degrado avesse più “dignità ecologica” rispetto a un progetto che ha restituito alla città uno spazio vivo, pulito, accogliente?
La Darsena oggi è il cuore pulsante dei Navigli, la porta sull’acqua della città, un angolo di Milano dove si respira una bellezza che, dieci anni fa, sembrava impossibile anche solo immaginare. Ed è anche un promemoria: prima di giudicare, forse dovremmo imparare a vedere il quadro completo. E a riconoscere, senza troppe storie, quando qualcosa, semplicemente, funziona.
Buon compleanno, Darsena.