mercoledì,16 Luglio,2025
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Il bene comune non è un optional

Capita spesso di collaborare con WAU, un’associazione che ha fatto della cura del bene comune la propria missione. Non si tratta solo di parole: insieme a volontari e aziende, WAU organizza momenti concreti di pulizia in città — strade, aiuole, piccoli parchi, quei luoghi pubblici che, almeno sulla carta, appartengono a tutti e che dovrebbero essere rispettati da tutti.

Ieri è stata una di quelle giornate: un caldo tremendo, il sole che picchiava, eppure armati di guanti e sacchi ci siamo messi a raccogliere bottiglie, lattine, cartacce. La partenza era fissata proprio davanti alla sede dell’azienda che aveva deciso di donare il proprio tempo a questa attività. A pochi passi, uno dei soliti bivacchi, popolato da persone che — con la massima noncuranza — usano il marciapiede come una discarica personale.

La quantità di rifiuti raccolti è stata impressionante. Una volta concluso il nostro lavoro, per ragioni personali sono dovuto restare in zona ancora un po’. Dopo circa un’ora, tornando a riprendere l’auto, ho rivisto quel punto che avevamo appena ripulito. E lì è scattata la rabbia: bottiglie, cartoni di pizza, sacchetti di patatine… di nuovo tutto sporco, come se il nostro intervento non fosse mai esistito.

Ci si sente presi in giro, inutile negarlo. La strafottenza di chi occupa quegli spazi senza alcun rispetto per gli altri è frustrante. È come se non ci fosse più alcuna coscienza del bene comune: tutto è “di nessuno”, quindi tutto può essere sporcato, danneggiato, umiliato.

Ma il bene comune non è un optional. È la misura del nostro grado di civiltà. Non può esistere città pulita, vivibile, accogliente se chi la abita non sente la responsabilità di proteggerla. Possiamo mettere in campo tutti i servizi pubblici di pulizia del mondo, possiamo organizzare squadre di volontari ogni settimana, ma se manca il senso di rispetto individuale non cambierà mai nulla.

E allora serve una riflessione più profonda. Non possiamo pensare di delegare la cura del bene comune solo alle istituzioni, o di scaricarla sui volontari mossi da buona volontà. Serve un cambio culturale: educazione, sensibilizzazione, anche sanzioni più efficaci, se necessario. Serve soprattutto una comunità che smetta di voltarsi dall’altra parte.

Pulire è un atto di responsabilità, sporcare è un atto di arroganza. Su questa differenza dovremmo costruire un patto sociale nuovo, che non lasci soli né i volontari né le istituzioni, ma che coinvolga davvero ogni cittadino. Perché il bene comune non è di nessuno: è di tutti, e come tale va difeso, ogni giorno.

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