mercoledì,16 Luglio,2025
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Milano che si ascolta: i suoni scomparsi della città

C’erano suoni che non avevano bisogno di parole. Bastava sentirli da lontano per capire in che momento dell’anno eravamo, o anche solo in che punto della città ci trovavamo. Uno fra tutti: il suono degli zampognari.

Quei fiati antichi, un po’ stonati, carichi di aria invernale, annunciavano a Milano l’arrivo del Natale. Li si incontrava in centro, vicino alle chiese, sotto i portici. Non serviva vedere gli strumenti, bastava sentire quelle melodie per sentire che l’atmosfera stava cambiando. Oggi, in mezzo a jingle pubblicitari e playlist in loop, quel suono si è perso. E con lui, un certo modo di vivere l’attesa.

Ci sono altri suoni che Milano ha perso per strada. Come le saracinesche dei negozi, quelle di metallo pieno, che alzate al mattino sembravano un sipario che si apriva sulla giornata. Quel rumore lungo e graffiante era il segnale che il quartiere stava prendendo vita. Oggi, tra aperture automatiche e vetrine sempre illuminate, anche quel gesto quotidiano si è silenziato.

Un altro suono ormai raro è il fischio del vigile urbano. Quello che dirigeva il traffico con i guanti bianchi, in mezzo all’incrocio. Il suo fischio non era solo funzionale: era ritmo, era presenza, era anche un po’ teatro. I semafori lo hanno sostituito, ma nessun led può restituire quella sensazione di ordine umano e controllato.

E poi ci sono i venditori ambulanti, quelli veri. Il gelataio con il campanello, l’arrotino che annunciava il suo passaggio con una cantilena inconfondibile (c’è la versione moderna, ma è tutta un’altra cosa..). O anche il suono che facevano i gettoni che si tenevano in mano quando ci si avvicinava alla cabina telefonica.

Non è solo nostalgia. È memoria urbana.
Milano è cambiata nei volti, negli spazi… e nei suoni. E ogni suono scomparso porta con sé un piccolo pezzo della città.

Oggi la nostra Milano è diversa: più silenziosa in apparenza, ma anche più rumorosa di sottofondo. Rumori di fondo digitali, notifiche, vibrazioni. Meno riconoscibili, più standardizzati.

Forse vale la pena, ogni tanto, fermarsi. Non per guardare, ma per ascoltare.
E chissà, magari, nel silenzio di una via laterale, sentire ancora l’eco sfiatato di una zampogna.

A tal proposito

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