Ambrogio nacque a Treviri, in Renania, nel 339, ed entrò a Milano nel 374 come funzionario imperiale per garantire l’ordine durante l’elezione del nuovo vescovo. La città era scossa da tensioni tra cattolici e ariani, pronti a scontrarsi per la scelta del nuovo pastore. La sua presenza come uomo di legge avrebbe dovuto sedare la folla, ma accadde l’imprevedibile: mentre parlava alla comunità, un bambino gridò “Ambrogio vescovo!”, ed entusiasti, i presenti fecero propria questa proposta.
Ambrogio, che non era neppure battezzato, cercò invano di sottrarsi alla nomina, anche provando a fuggire, ma fu tutto inutile: la popolazione lo voleva vescovo a ogni costo. Così il 30 novembre 374 ricevette il battesimo e dopo una settimana venne consacrato vescovo di Milano, con l’approvazione di papa Damaso. Iniziava così un’avventura pastorale che sarebbe durata ventitré anni.
Sant’Ambrogio, un vescovo “da combattimento”
Ambrogio era uomo integerrimo, temprato dall’esperienza amministrativa e capace di affrontare ogni difficoltà con fermezza. Nonostante fosse vescovo, continuava a vivere in modo sobrio e a ospitare chiunque bussasse alla sua porta.
Sotto la sua guida, il paganesimo subì un colpo decisivo, mentre l’arianesimo ricevette una dura battuta d’arresto. La sua figura si scontrò presto con quella di Giustina, vedova dell’imperatore Valentiniano I e madre del giovane Valentiniano II, la quale sosteneva la fazione ariana. Ambrogio resistette alle sue pressioni con grande determinazione, senza piegarsi neppure davanti a minacce di esilio o di morte.
Quando Giustina pretese una chiesa per il culto ariano, Ambrogio la contrastò con forza, trasformando la basilica Porziana in una roccaforte di canti sacri e resistenza. Dopo due anni di assedio simbolico, Giustina dovette arrendersi, incapace di spezzare la volontà popolare che sosteneva Ambrogio.
Il rapporto con Teodosio e il potere imperiale
Anche l’imperatore d’Oriente Teodosio si trovò spesso a fare i conti con Ambrogio. Tra il 388 e il 391 soggiornò più volte a Milano e dovette affrontare la fermezza del vescovo, nonostante fosse praticamente padrone assoluto della situazione. Celebre l’episodio in cui Teodosio, secondo l’uso di Costantinopoli, si sedette nel coro durante la messa, ma fu invitato da Ambrogio a prendere posto fra i fedeli, rispettando la tradizione milanese.
Il rapporto si incrinò definitivamente nel 390, dopo una strage ordinata dall’imperatore a Tessalonica in cui persero la vita settemila persone. Ambrogio, indignato, gli proibì l’ingresso in chiesa e gli impose pubblica penitenza: un fatto senza precedenti, che segnò la supremazia morale della Chiesa sul potere politico.
Un grande pastore
Grazie ad Ambrogio, la vita religiosa di Milano cambiò radicalmente. Gli edifici sacri non rimasero più confinati fuori le mura, ma entrarono nel cuore della città. Il vescovo lasciò un’impronta indelebile, divenendo patrono e simbolo di Milano.
Nonostante fosse un uomo del suo tempo e vicino ai potenti, Ambrogio mantenne sempre uno spirito evangelico verso i poveri e i reietti, ai quali offriva protezione e carità. La sua figura rappresentò una guida salda per una comunità che rischiava di perdersi tra le lotte di potere.
La morte di Ambrogio
Nel 395, Ambrogio celebrò il funerale di Teodosio con un discorso toccante. Due anni dopo, nella notte del Sabato Santo del 397, morì anche lui. Milano si fermò per rendergli omaggio: i suoi resti furono esposti nella basilica Nova e venerati da migliaia di fedeli.
Secondo la tradizione, alcuni giovani appena battezzati videro brillare una stella sulla sua fronte, segno della sua santità. Fu sepolto nella basilica ad Martyres, che avrebbe poi preso il nome di Sant’Ambrogio in suo onore.