“Cesare” è il nuovo singolo di Moretti, disponibile su tutte le piattaforme digitali da venerdì 7 febbraio 2025 per Bradipo Dischi (in distribuzione Self / Believe), un brano che è un omaggio a Pavese e un nuovo pretesto per curiosare nella sua vita, per approfondire la biografia del poeta e la sua misteriosa morte.
La delicatezza dei versi e dell’arrangiamento curato da Giovanni Doneda e Pietro Gregori (Il Mago Del Gelato) lascia il posto all’esplosivo solo di sax di Andrea Catagnoli (Brucherò Nei Pascoli) nel finale. È il primo singolo estratto da “nomi cose città”, secondo album di Moretti, che verrà presentato ad aprile al Teatro Bello di Milano.
Noi per conoscerlo meglio abbiamo fatto con lui un tour di Milano, facendoci accompagnare nei luoghi che più lo hanno segnato in questi anni e che, purtroppo, non ci sono più,
“Premetto che, per mia personale opinione, Milano è una città che crolla su sé stessa, disaffezionata alle necessità umane, costretta a sopravvivere sul profitto, capitalizzandolo sulle macerie economiche di gran parte dei suoi abitanti. Milano oggi è ripugnante. Parlerò anche di alcuni posti che non ci sono più.”
Z.A.M. – Zona Autonoma Milano
Le persone a Milano hanno bisogno di riappropriarsi degli spazi, della socialità, dei linguaggi, dei propri corpi e della necessità di fare politica per tutti. ZAM, come gli altri centri sociali, è un laboratorio di riappropriazione collettiva. Negli anni ha cambiato diversi spazi per volere altrui; la prima volta che ci sono stato era in zona Barona, in via Olgiati.
Io, quindicenne con alle spalle una serena infanzia democratico-cristiana, non sapevo neanche cosa fosse un centro sociale e credo – immagino – d’averci messo anche qualche mese di partecipazione per capirlo.
In sintesi, ZAM, la militanza, sono stati per me salvifici, luminescenti. La pedagogia alla resistenza allo stato delle cose è un fatto essenziale, rivoluzionario oggi.

Subway 14th St
C’era una volta un pub che affacciava su via Tibaldi. Era buio, sporco, senza riscaldamento, e i suoi vecchi tavoli in legno erano talmente vissuti da possedere in superficie una patina alcolica che fungeva ormai da colla per mani e bicchieri.
Jack, il proprietario, un vecchietto appassionatissimo d’arte, passava le nottate a sfogliare cataloghi di Augé, mentre Mario, Rubin o Ivano stavano dietro al bancone a preparare intrugli alcolicissimi ed economicissimi per gli avventori. Nelle sere di piena o d’offerte (drink a €2,50 a due passi dal centro di Milano), credo passassero almeno 500 persone.
La prima volta che ci andai era un 26 dicembre, mi pare del 2012. Io, neo-zecca sedicenne, con due amici di scuola già molto più vicini ai vent’anni di me. Entriamo nel Subway, immersi in un deserto post-festivo, prendiamo una birra e ci sediamo per caso in uno degli angoli più bui del locale. Poco dopo ci accorgiamo che una tipa sta praticando del sesso orale a un tipo compiaciuto. Notandoci, con una nonchalance invidiabile, si alzano – non esattamente ricomposti – e finiscono il loro rendez-vous in bagno.
Negli anni avrei scoperto che vomitare o copulare nel cesso del Subway sarebbe stato un appuntamento periodico della mia vita.
La favola si conclude con la morte di Jack, alla fine del 2020, e la chiusura definitiva del locale. Il Subway era un brutto pub, ma era il pub di tutti i ragazzi che hanno vissuto Milano Sud fra gli anni ’90 e gli anni ’20. Mi pare, fra l’altro, che lo citi anche Marracash in una sua canzone, credo si chiami Noi.

Bar Rattazzo
Altro punto nevralgico della notte milanese.
Nato all’inizio degli anni ’60, il Bar Rattazzo sfama e disseta lavoratori e studenti del Ticinese fino a notte inoltrata, diventando poi epicentro della movida di zona dopo un trasloco di 200 metri dalla sede originale, in via Vetere.
Via Vetere è una via di pochi metri che sfocia su Parco Vetra, e ricordo nitidamente che nel weekend, dalle 21:00, c’era coda per entrare nella via. Una volta dentro, poi, non uscivi più.
Piero, il proprietario, era anziano ma riusciva tutte le sere a servire migliaia di ragazzi da solo. Burbero all’apparenza, parlava poco e guardava sempre fisso la birra che ti stava preparando.
Un pomeriggio d’inverno, quando nel locale c’eravamo solo io e lui, gli chiesi di raccontarmi della sua Milano degli anni ’70. Lui non disse nulla, prese una foto da un cassetto, me la diede e iniziò a parlarmi, con gli occhi brillanti, del suo amico Andrea Bellini, della Banda del Casoretto, scomparso da pochi giorni.
Andrea Bellini era uno di quelli che difendevano le manifestazioni dai poliziotti e il quartiere dai fascisti. Io lo sapevo perché del suo gruppo avevo letto un romanzo. Quello che non sapevo è quello che mi raccontò Piero fino all’ora di cena, seduto di fianco a me: l’uomo duro con lo stalin (leggasi barriera di protezione antifascista, o bastone atto a difendersi) in mano e l’Hazet in tasca era solo la punta dell’iceberg di una delle persone più divertenti e dolci che abbiano visto i suoi occhi.
Piero se n’è andato alla fine del 2019. Al funerale, fuori dalla Basilica di Sant’Eustorgio, il suo amico Oreste Scalzone, insieme alla Banda degli Ottoni a Scoppio, gli ha dedicato un’ultima canzone.Eravamo in tanti quella mattina. Abbiamo chiuso i pugni, abbiamo cantato, ci siamo stretti. Per Piero, e per il quartiere del Ticinese, che prima stava morendo e adesso non esiste più.

Tram 15
Uno dei pochi tram milanesi funzionanti 23 ore al giorno e, come quei non-luoghi inaspettatamente pieni di vita, ha molte storie da raccontare.
Come quella volta che un signore, inciampando, colpì il mio auricolare Bluetooth destro, che con una traiettoria improbabile finì nella borsa di una ragazza seduta. Cercando di recuperarlo, rischiai il linciaggio dei passeggeri che pensavano fossi un borseggiatore.
O quella volta che, al contrario, pensai io di essere stato borseggiato: non trovando più il mio portafogli in tasca, imbruttii il tipo dietro di me, accorgendomi solo qualche secondo dopo di averlo nella tasca interna.
Il tram 15 è anche il tram che porta all’Area 51, un’associazione che fornisce gratuitamente pasti, vestiti e pacchi alimentari ai milanesi che stanno ai margini, a quelli che questa città tenta di nascondere per non farsi sporcare la vetrina, quella vetrina che dà sul cielo bianco, quel cielo nascosto dai palazzoni popolari che dal tram 15 piano piano spariscono, per essere sostituiti da quelli Liberty, dalle Accademie militari, dalla Madonnina.
Forse sarebbe il caso di prendere un po’ di marmo da quei palazzi Liberty, un po’ di divise dalle accademie, un po’ di oro da quella Madonnina e far sì che il tram 15 non porti più nessuno all’Area 51.

Libreria Birdland
È una libreria musicale in un seminterrato vicino al centro. Ha un pianoforte, dei tavolini, ed è quasi sempre vuota.
L’ho scoperta da poco: mi servivano dei manuali e sono andato lì su consiglio.
Credo di aver passato due ore a sfogliare spartiti, manuali e suonare.
Un posto magico.
