domenica,16 Novembre,2025
HomeCuriositàArnolfo, Ariberto e la Pataria: il Medioevo di Milano tra potere, ribellioni...

Arnolfo, Ariberto e la Pataria: il Medioevo di Milano tra potere, ribellioni e fede

Arnolfo e l’avvio della politica di potenza milanese

All’inizio dell’XI secolo Milano vive un momento di grandi tensioni. Con la morte di Ottone III nel 1002, i feudatari italiani cercano di sottrarsi al controllo germanico, eleggendo re Arduino d’Ivrea. Arnolfo, arcivescovo di Milano e sostenitore degli Ottoni, riceve la notizia a Bari e, preoccupato, rientra per opporsi a questa incoronazione. Arduino però non gode a lungo del sostegno italiano: Enrico II scende in Italia, lo depone e nel 1004 si fa incoronare re d’Italia da Arnolfo stesso, incendiando Pavia che non gradiva un re straniero.

Arnolfo, ormai senza rivali, continua a rafforzare la sua posizione: nel 1005 sottomette il ribelle vescovo di Asti e nel 1014 ottiene dall’imperatore che un suo vassallo venga riconosciuto messo imperiale per Milano, Seprio e Pavia, confermando la sua egemonia sulla regione.

Ariberto d’Intimiano e l’ascesa del potere ecclesiastico

Nel 1018 alla morte di Arnolfo, la carica passa ad Ariberto d’Intimiano, figura di spicco tra i vescovi longobardi, che interpreta l’incarico come un potere sia religioso che politico. Ariberto punta a fare di Milano un vero stato ecclesiastico sotto la sua guida, consolidando il dominio della Chiesa milanese anche nel nord Italia.

La sua politica culmina nell’appoggio a Corrado II il Salico, chiamato in Italia per contrastare i grandi feudatari ribelli. In cambio, Ariberto ottiene l’investitura del vescovado di Lodi nel 1026. È ricordato anche per la dura repressione degli eretici e per la battaglia di Campomalo (tra Milano e Lodi), in cui combatte contro i piccoli feudatari (valvassori) che contestavano le richieste economiche dell’arcivescovado.

Nel 1037 Corrado II, sceso nuovamente in Italia, rompe l’alleanza con Ariberto, imprigionandolo a Pavia. Ma Ariberto, con l’aiuto delle monache di San Sisto, riesce a fuggire, torna a Milano e viene accolto trionfalmente. Corrado II assedia inutilmente la città, lasciando in dono la Constitutio de feudis, che garantisce l’ereditarietà dei feudi minori, colpendo duramente il potere vescovile.

Scomunicato da papa Benedetto IX, Ariberto non si arrende, raccoglie un esercito popolare e nobiliare contro Corrado II, ma alla morte di quest’ultimo nel 1039 riesce a riconciliarsi con Enrico III e a farsi revocare la scomunica. Alla sua morte nel 1045, Ariberto lascia una Milano profondamente trasformata e un potere ecclesiastico ormai potentissimo.

Lanzone da Corte e la prima guerra civile

Dopo la morte di Ariberto, le tensioni riprendono rapidamente. I borghesi (i cives) iniziano a rivendicare diritti contro i capitanei e i valvassori fedeli al vescovo. Lanzone da Corte diventa leader della rivolta, ma viene considerato traditore e cacciato. Seguono anni di assedio (1044), con la fame che devasta la città finché Enrico III impone una tregua. Lanzone scompare misteriosamente, forse giustiziato dai nobili.

La Pataria: la ribellione popolare contro la Chiesa

Alla morte di Ariberto esplode la lotta per la successione, con la plebe che vuole dire la sua. Enrico III impone Guido da Velate, cappellano di umili origini, ma la tensione resta alta. Così nasce la Pataria, movimento che combatte la simonia e il matrimonio dei preti, sostenuto da Roma ma in realtà volto a ridimensionare l’autonomia della Chiesa milanese.

I capi del movimento, come Anselmo da Baggio (poi papa Alessandro II), Arnaldo da Cucciago e Landolfo Cotta, guidano rivolte violente contro le case dei preti, mentre la popolazione sostiene la lotta contro la corruzione ecclesiastica. La Pataria riesce nel 1061 a imporre Anselmo come arcivescovo al posto di Guido da Velate, ma con l’arrivo del capo patarino Erlembaldo la lotta si estende fino a coinvolgere direttamente l’imperatore.

Prete Liprando: il giudizio di Dio

Il clima resta incandescente anche negli anni successivi. Dopo la morte di Anselmo da Bovisio (1101), l’arcivescovo Grosolano viene accusato di simonia e di non essere milanese. Un prete, Liprando, mutilato durante le lotte precedenti, si offre di dimostrare la propria accusa attraverso il “giudizio di Dio”: attraversare un rogo.

La prova, seguita con enorme partecipazione popolare, si trasforma in una sorta di spettacolo mistico. Liprando, dopo giorni di digiuno e preghiera, attraversa illeso le fiamme, alimentando la leggenda e consolidando l’idea medievale del miracolo come strumento di giustizia divina.

La storia di Arnolfo, Ariberto e della Pataria dimostra come Milano, nel cuore del Medioevo, fosse un teatro straordinario di lotte di potere, alleanze, rivolte e passione religiosa. Un intreccio affascinante che segnerà per sempre il destino della città, proiettandola verso un futuro di autonomia e di protagonismo politico.

Danilo Dagradi
Danilo Dagradi
Danilo racconta Milano da oltre dieci anni attraverso articoli, podcast e video che ne svelano l’anima più autentica.
A tal proposito

Più letti