Capita, a volte, che dopo i primi freddi di novembre il cielo si apra, il sole torni a scaldare e l’aria diventi mite. È “l’estate di San Martino”, un piccolo miracolo climatico che, ogni anno, ci regala qualche giorno di dolce tepore prima dell’inverno.
Il fenomeno non è solo italiano: nell’emisfero boreale si manifesta proprio nei giorni che precedono l’11 novembre, festa di San Martino, mentre in quello australe accade tra aprile e maggio. Ma è in Europa che ha preso il nome che tutti conosciamo, grazie a una leggenda antica e bellissima.
La leggenda del mantello
Martino di Tours, un soldato romano, un giorno vide un mendicante infreddolito sotto la pioggia. Senza esitare, tagliò a metà il suo mantello e ne donò una parte al pover’uomo. Poco dopo, racconta la tradizione, il cielo si aprì e il sole tornò a splendere, come se la natura stessa volesse ringraziarlo per quel gesto di carità.
Da allora, quel ritorno improvviso del sole porta il suo nome.
E così, ogni anno, quando l’autunno sembra farsi più duro, arriva l’estate di San Martino: breve, inattesa e carica di speranza.
Tra vino, castagne e poesia
Non è solo un fatto meteorologico: è anche un periodo legato alla vita contadina e alle tradizioni popolari. In passato, in questi giorni si rinnovavano i contratti agricoli annuali e si diceva “fare San Martino” per indicare il trasloco o il cambiamento di lavoro.
È anche il tempo in cui si aprono le botti e si assaggia il vino nuovo, magari accompagnandolo con le prime castagne: un rito semplice e conviviale che ancora oggi resiste in molte regioni italiane.
Non sorprende che l’estate di San Martino abbia ispirato poeti e artisti. Giosuè Carducci le dedicò versi immortali, Giovanni Pascoli la interpretò come un’illusione di luce destinata a svanire, Cesare Pavese la celebrò nei suoi toni malinconici. Persino in musica, da band italiane a gruppi internazionali come i The Doors o gli U2, questo momento di luce nel buio dell’autunno ha continuato a far sognare.
Perché, in fondo, l’estate di San Martino è proprio questo: un breve ma intenso ritorno di calore, un invito a credere che, anche dopo la pioggia, il sole può sempre tornare.
E per tutti noi, ecco la poesia di Carletto Oblò dedicata proprio a questa festa!
L’è involtiada, la trista giornada,
da on vèll de scighera frèggia e giazzada;
la galavèrna la quatta tusscòss
e on sgrisor el se sent in di òss.
On Cavallier el ven giò dal cavall
el ved on pòr Crist in fond a la vall,
l’è biòtt e tremant, l’è senza vestii,
e el Cavallier, perché intenerii,
lì in sul moment el se cava el mantèll
gh’en da metà a ‘sto vègg poerèll.
Che meraviglia! Ven foeura in del ciel
on sô tevedin, spariss tutt el gel
e per trii dì el sarà anmò inscì
come on estaa che voeur minga finì.
L’è on prèmi del ciel, l’è on prèmi divin,
el se ciama “L’estaa, de San Martin”


