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Un ultimo sguardo commosso all’arredamento. E chi s’è visto, s’è visto

Chi conosce e ha studiato la storia di Milano, avrà avuto occasione di riflettere sul fatto che quello che stiamo vivendo oggi, è già successo. Certo, gli addendi sono diversi, ma la somma è sempre la stessa.

Nel corso della sua storia millenaria, la nostra città non solo è riuscita a rialzarsi anche quando le premesse erano tutte a sfavore, ma è stata in grado in tante occasioni di cambiare pelle, ad adattarsi allo scenario che le si prospettava davanti. I milanesi, ovvero coloro che vivevano a Milano, in questo sono sempre stati dei grandi.

Perchè dico questo? Perchè quello che stiamo vivendo da qualche tempo a questa parte, mi porta ad alcune considerazioni e le tante notizie che si leggono non fanno altro che confermare questa sensazione, diventata per me ora una certezza.

Milano come l’abbiamo lasciata a febbraio non esiste più. Non è più la stessa città. Noi che qui viviamo non siamo più gli stessi. Un fenomeno passeggero? Avrei detto forse fino ad agosto. Oggi sono convinto di no. Milano è un’altra cosa. O per meglio dire sta per diventare un’altra città e noi dobbiamo stare al passo. Ancora una volta.

So che per chi gira in città può sembrare strano quello che ho appena scritto: in fin dei conti cosa c’è di diverso? I lavori che si erano interrotti sono ripresi, il cantiere della M4 è a buon punto, ogni giorno si legge che il nuovo grattacielo pinco pallo sta per essere terminato e nuovi cantieri sono partiti.

Insomma l’immagine di una città sempre in movimento è da questo punto di vista sempre la stessa. Poi però si abbassa lo sguardo e dall’alto dei palazzi la vista va sulle saracinesche abbassate, cartelli affittasi che spuntano un po’ ovunque. E la gente in giro è visibilmente meno. Certo, mancano i turisti…

Ma non solo loro gli unici a mancare all’appello: ci sono i vuoti lasciati da coloro che lavorano da casa e che quindi non prendono i mezzi, non mangiano fuori a pranzo, non prendono il gelato e al nuovo abito o tailleur hanno preferito la tuta per essere più comodi.

Ciò si traduce in un cambio evidente di tanti aspetti: economici certamente, ma anche sociali. E la città risente profondamente di tutto questo: il centro è cambiato non solo dal punto di vista visivo ma sta per cambiare anche dal punto di vista dell’utilizzo che ne faremo.

Se, come immagino, saranno tante le aziende che si renderanno conto che lo smart working non è una soluzione solo emergenziale, ma una modalità che porta un vantaggio dal punto di vista dei costi e, almeno è quel che si dice, anche della resa, per quale motivo dovrebbero tornare ad aprire gli uffici?

Sia ben chiaro: quanto ho fin qui scritto non è che una mia riflessione e soprattutto non è uno sguardo pessimista al futuro. Non dico anzi, ma vorrei. Perchè come da premessa ho la certezza che Milano, saprà trovare la giusta direzione ancora una volta. Esattamente come in passato, saprà trovare un nuovo senso di marcia che le permetterà di recuperare il gap ed essere nuovamente protagonista. Con un vestito diverso certamente, forse non più bello, certamente non più brutto. Sicuramente differente.

La vera domanda è quando. Questa è la grossa differenza rispetto a quando si legge sui libri di storia: il cambiamento, quello che Milano ha fatto più volte, lo si riassume in qualche decina di pagina e quelli che sono stati decenni di transizione, li leggiamo in un batter di ciglia.

Ecco, adesso siamo noi qui a fare quello che in futuro verrà letto in qualche pagina. Sta a noi far sì che nella vita reale, quella che vedete fuori dalla finestra di casa, queste pagine si traducano in mesi. Perchè “qualche anno” per i lettori del futuro saranno parte dello stesso capitolo, per molti di noi quel capitolo è tutta una vita.

Un ultimo sguardo commosso all’arredamento

E chi s’è visto, s’è visto

(Svincolarsi dalle convinzioni)

(Dalle pose e dalle posizioni)

 

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